mercoledì 28 gennaio 2009
VOCI PERDUTE / LOST VOICES
Voci di astronauti sovietici persi nello spazio, captati negli anni 50 e 60 dai fratelli torinesi Jodica Cordiglia. L'immensa infinita tristezza dello scomparire da soli, nello spazio profondo, la Terra un'immagine vista da un oblò degli anni 50...
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photo © 2008 giovanni caviezel
sabato 10 gennaio 2009
A CRIMINAL MIND
Lucky Luciano, la storia di un boss.
Di Valentina Castellano Chiodo
Urlando attraverso il nastro adesivo che gli chiudeva la bocca, mentre dalla gola e dal mento squarciati scendeva il sangue, Charles Luciano pendeva dalla trave di un magazzino abbandonato di Staten Island, nella fredda notte del 16 ottobre 1929. Il suo corpo trafitto e percosso, continuò a contorcersi spasmodicamente, finché i pollici ai quali era appeso scivolarono fuori dai nodi.
I suoi torturatori credevano fosse morto ed erano fuggiti. Luciano invece, ancora vivo, riuscì a trascinarsi fino a Highland Boulevard, dove si trovò investito dalle luci del traffico. “Non so chi sia stato - disse ai poliziotti - Me ne occuperò io stesso!”. A soli 31 anni Luciano stava dando prova delle sue doti di coraggio e perseveranza, dell’omertà nei confronti della polizia e della spietatezza con cui risolveva i propri problemi personali con una cautela e una presenza di spirito tipiche di un capo, pronto ormai ad assumere il comando. Era riuscito a venirne fuori vivo in maniera talmente miracolosa che da quel momento lo avevano chiamato «Lucky» , fortunato, anche se lui faceva il modesto e affermava che quel nomignolo fosse dovuto al ferro di cavallo tatuato sul suo braccio.
Questa è la storia di un boss che ha segnato la storia della mafia americana, la storia di un uomo partito dalla Sicilia bambino e diventato criminale nell’America lontana: Lucky Luciano.
Il suo vero nome era Salvatore Charles Lucania, nato a Lercara Friddi, Palermo, l’11 Novembre 1897. Il padre aveva trovato lavoro nella lontana Brooklyn e così la moglie e cinque figli lo avevano seguito, emigrando tutti negli Stati Uniti. Prima della notte terribile che lo avrebbe segnato a vita, Luciano aveva già collezionato 17 arresti. Da piccolo aveva abbandonato la scuola elementare ed era stato affidato alla scuola speciale di Brooklyn, lavorava in una fabbrica di cappelli, per 5 dollari alla settimana, ma dopo due anni decise di andarsene per “non essere una nullità”.
Fu arrestato la prima volta nel giugno 1916 con mezzo grammo di eroina in tasca e, riconosciuto colpevole, aveva passato i suoi primi sei mesi in carcere; nel dicembre 1921 fu fermato dalla polizia perché in possesso di una pistola carica; nel giugno 1923 tratto in arresto per possesso di eroina e rilasciato in cambio di collaborazione con la squadra narcotici: alcuni agenti furono guidati da lui in uno scantinato di Little Italy, dove poterono mettere le mani su un camion di eroina e altre droghe.
Nel luglio 1926, dopo una serie di arresti minori, fu fermato perché in possesso di un fucile a canne mozze, due pistole e quarantacinque cartucce. Ancora tre arresti per aggressione a mano armata, possesso illegale di pistola e comportamento antisociale, finché fu coinvolto nell’arresto del suo socio in un traffico di alcolici e poi assolto. Nel 1928 fu fermato per aggressione ad una vittima che non fu in grado di identificarlo, nel 1929 la famosa aggressione gli lasciò gola e mento coperti di cicatrici e la palpebra destra sfregiata e abbassata. Tra il 1930 e il 1931 Lucky fece una fulminea carriera nell’organizzazione in cui era stato semplicemente fornitore e spacciatore di droga. Giuseppe Masseria detto “Joe the boss”, lo mise in testa delle gangs italo-americane dell’East Side, quella che veniva chiamata Mafia, coinvolgendolo nello spaccio di droga e nel racket delle lotterie. Poco tempo e Joe Masseria, sarebbe stato ucciso per lasciare posto a Salvatore Maranzano, il “capo di tutti i capi”, che formulò le regole: morte per chi disobbediva, per chi “parlava” con la polizia e per atti disonorevoli; a nessun membro della mafia era permesso di farsi giustizia da solo nei confronti di un altro membro. Quando Luciano fu nominato boss di una delle cinque famiglie di New York le aspirazioni e il dominio di Maranzano si rivelarono irrealizzabili. Infatti nella notte del 10 settembre 1931, Lucky Luciano ordinò lo sterminio dei suoi rivali e in quella che fu denominata la Notte dei vespri siciliani, fece assassinare senza pietà quaranta boss legati alle due famiglie dei Maranzano e dei Masseria da quattro suoi uomini, travestiti da poliziotti. In realtà non si conosce il numero reale di morti assassinati in quella sera, dato che i corpi non furono mai ritrovati.
Da quel momento Lucky Luciano divenne capo riconosciuto della mafia americana, rafforzando alcuni legami scelti da Maranzano e ponendo fine alle guerre intestine tra le famiglie e alle sparatorie con le forze dell’ordine. La sua preoccupazione fu di dare un orientamento nuovo, creando legami di fratellanza tra i diversi raggruppamenti etnici del crimine.
Si mise a lavorare sugli “affari”, organizzando il traffico di stupefacenti, riorganizzando il racket dei giochi d’azzardo, nonché il controllo alla prostituzione. Luciano amava giocare alle corse dei cavalli e circondarsi di belle donne, le stesse pare che frequentavano i bordelli divenuti “sindacati”, controllati e gestiti dalla mafia.
Fu il procuratore distrettuale Thomas Dewey, ad interessarsi del suo caso, colui che lo trascinò in tribunale, in occasione del famoso processo del 1936, dinnanzi alla Court of General Session di New York, proclamando alla giuria: “Condannate quest’uomo, oppure proclamate al mondo e al pubblico che i grandi gangster sono liberi di fare quello che vogliono”. Sia la giuria che il giudice lo dichiararono colpevole dell’organizzazione di un racket per il controllo e lo sfruttamento alla prostituzione infliggendogli una condanna pesantissima: da trenta a cinquanta anni di carcere.
Dopo i primi nove anni però avvenne la svolta e uno spiraglio di luce per Luciano, ignaro di quello che invece sarebbe presto accaduto. In merito a questa storia Leonardo Sciascia affermò: “Nel febbraio 1946 la Giustizia americana fece un regalo alla Mafia. Rispedì in Italia, suo paese d’origine, Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano, il re della malavita di New York. Condannato nel 1936 a cinquant’anni di carcere, venne poi graziato “per speciali servizi resi alle forze armate degli Stati Uniti” dallo stesso Dewey, diventato Governatore dello Stato di New York”.
L’episodio della condanna, del condono a Lucky Luciano e del suo rinvio in Italia come indesiderabile fu però complesso e pieno di continui risvolti.
Lucky Luciano si è reso responsabile di numerosi omicidi, sia come esecutore che come mandante. L’omicidio del famigerato gangster Dutch Shultz, il sabotaggio del transatlantico più veloce del mondo e la collaborazione con i servizi segreti per lo sbarco degli americani in Sicilia hanno costruito la sua sinistra leggenda, rendendolo uno dei più importanti padrini, insieme ad Al Capone e John Gotti.
domenica 4 gennaio 2009
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